A spasso con Marc. Già, Marc, era un pò che non lo incontravo. Sono 10 anni che ci conosciamo, è stato uno dei miei primi clienti da aspirante, nel lontano 2007. Nel tempo ne abbiamo fatte insieme di marachelle tra le Alpi e il Nepal. Mi ricordo ancora quando tentammo l’Ama Dablam ed eravamo i primi di stagione a salirlo. Gli Sherpa non avevano ancora installato le corde fisse… e non è che ne avessero molta voglia… la montagna era tutta per noi. Dopo il Nepal abbiamo condiviso altre 1000 avventure, ma la vita va come va e ci siamo persi di vista per qualche tempo. Ora è tornato… più in forma che mai. Dopo alcuni anni di inattività su ghiaccio si è ripreso bene passando in 3 giorni da Antares a Trip in the Night! Come direbbe lui: chapeau!
Ma in realtà quello di cui mi interessa parlare è degli incontri che abbiamo fatto durante questi tre giorni, gente che incontrata senza conoscerla ti stupisce per la gentilezza e l’educazione, e se invece la conosci, oltre a stupirti, ti senti piccolo piccolo e allo stesso tempo riponi un pò di speranza in questo pessimo mondo di social e prime donne che è diventato l’alpinismo. Queste due persone, di cui non serve menzionare il nome, hanno scritto la storia dell’alpinismo recente e recentissima e quando li incontri, non vengono certo a raccontarti le loro gesta per auto elogiarsi: ti chiedono “scusa, ti dispiace se passo di qua?” in modo garbato quasi non volessero arrecare disturbo. Sono professionisti con la P maiuscola e uomini con la U maiuscola, distinti, che non hanno bisogno di mettersi in mostra, non ne sentono il bisogno perché parlano coi fatti e non con le parole. Alpinisti che hanno lasciato le dita di mani e piedi in Himalaya e sono lì sul tiro chiave di “Trip in the night” con un cliente, e quando gli scendi di fianco ti salutano calorosamente e trovano un momento per far due chiacchiere, felici di essere lì, spontanei, a 5-6 m dall’ultima vite che non capisci come faccia stringere le piccozze senza le falangi delle mani; o l’altro che arriva alla base con comodo in una gelida giornata d’inverno, partito da Chamonix dopo aver accompagnato i figli a scuola, insieme alla sua cliente di una sessantina d’anni che fa finta di lamentarsi di quanto sia lungo l’avvicinamento. Lui, che sorridendo ci prende in giro per esser cosi mattinieri, potrebbe salire la via slegato con i ramponi al contrario e, invece, ha 12 viti attaccate all’imbrago e scherza con noi non perdendo occasione di elogiare la nostra terra italiana.
Io queste persone le conoscevo, chi più chi meno. E trovo triste di dovermi stupire della gentilezza e dell’umiltà altrui, di ciò che dovrebbe essere la normalità. Ma un pò mi rincuora, perché vuol dire che i fenomeni da baraccone che si incontrano sui social o in montagna, alla base delle cascate così come in funivia, che non perdono occasione per mettersi in mostra, fare i gradassi, gli spacconi, i “so tutto io”, quelli che perché hanno una patacca sulla giacca pensano di essere dei supereroi e quelli che la patacca non sono riusciti a prenderla e son incazzati col mondo, quelli che non ti farebbero passare su una via neanche se gli paghi la cena… e a casa per cena, a causa loro, non ci arrivi, quelli che alla fine hanno un serio complesso di inferiorità verso il tutto… ecco loro non sono l’unico popolo rimasto su questa Terra.
E’ bello incontrare questi personaggi perché ti ricorda che c’è sempre qualcosa da imparare e che per quanto te la tiri ci sarà sempre qualcuno più forte di te… tanto vale condividere l’esperienza invece che sbatterla in faccia al prossimo. Ne usciremmo tutti più saggi e sereni.
Buon “Trip…” a tutti!