Oceano di granito all’Envers des Aiguilles
Sea of granit 😍 Grande avventura di quelle belle sull’ Aiguille de la Republique. 50+ anni e non sentirli…complimenti Marc! (io spero di arrivarci 😂). Ne abbiamo fatta di strada in questi 10 anni che ci conosciamo, e tante altre belle avventure ci aspettano!
Questa bellissima scampagnata risale all’anno scorso a inizio estate.
Dopo un paio di giorni di “rinfresco” sull’arrampicata su roccia con scarponi, dato il bel tempo decidiamo di approfittarne per esplorare qualcosa di nuovo ad entrambi.
In passato sono stato diverse volte al rifugio dell’ Envers des Aiguilles, ma non quante avrei voluto. Purtroppo la logistica non comodissima obbliga spesso ad avere 3 giorni a disposizione, l’alternativa è una sgambata fino a valle assicurata.
Una delle cime che ho sempre guardato con curiosità e interesse per via della sua storia è l’Aiguille de la République: un immenso paretone complesso la cui cuspide risulta come un monolito che si distingue facilmente dalla Mer de glace. Siamo un pò incerti sulla logistica da attuare: bivaccare all’attacco e percorrere la via il giorno seguente partendo prestissimo e poi correre per raggiungere il trenino in tempo, oppure attaccare direttamente, bivaccare sulla via, e proseguire con margine il secondo giorno.
A volte può essere utile lasciarsi aperte varie opzioni e decidere in corso d’opera, ed è quello che abbiamo fatto.
Dopo il primo terzo di via sappiamo esserci una comoda cengia da bivacco, non sappiamo solo se c’è ancora neve da sciogliere per fare acqua. Arrivati alla base del ghiacciaio decidiamo dunque di attaccare nonostante il caldo fotonico. Non sembrano esserci dei pericoli oggettivi particolarmente minacciosi, passiamo le due terminali e arriviamo alla roccia. Lo zaino con l’attrezzatura da bivacco è pesante, ci portiamo appresso anche picozza e ramponi in quanto più in alto vi sono ancora due potenziali tratti nevosi di cui non conosciamo la consistenza, e potrebbero tornarci utili. I tiri si susseguono abbastanza logicamente. Un paio di lunghezze più impegnative ci fanno raggiungere la cengia per la notte. E’ l’ora della pausa. Ci riposiamo una buona mezz’ora, sono le 15, mangiamo, beviamo, svuotiamo gli zaini. E ora che si fa? Siamo nelle giornate più lunghe dell’anno, la notte sopraggiunge verso le 22. Mi confronto con Marc sul suo stato fisico. Personalmente io sarei per ripartire subito con gli zaini scarichi e terminare la via, cosicché l’indomani non dobbiamo fare altro che scendere senza fretta. Durante la prima parte della via Marc mi sembrava abbastanza provato dal peso dello zaino, forse preferisce riposare e proseguire il giorno dopo. Invece dopo essersi dissetato e nutrito a dovere mi dice chiaramente che è pronto per ripartire in versione “fast&light” per la vetta. Lasciamo in cengia tutto ciò che non serve e via! Ci leviamo in fretta da un breve tratto un pò esposto e agganciamo subito lo sperone principale. La salita si sussegue agevolmente e in breve arriviamo alla traversata che ci porterà sempre più vicino al monolite finale. Non è certo la classica via che segui la stessa fessura da inizio alla fine, ci va un pò di intuito, è una via storica e non attrezzata. Sono presenti solo alcune soste. Arriviamo così all’ultimo terso della via, siamo ormai alti e sono circa 10 ore che fatichiamo tra scalata e avvicinamento. Marc comincia ad accusare un pò di fatica e gli ultimi tiri sono i più faticosi! Con calma, senza fretta, proseguiamo. La meteo è perfetta, di fronte a noi godiamo della vista sulla parete N delle Grandes Jorasses e di tutta la Mer de glace. Sono ormai le 7 di sera, siamo a 2 tiri dalla vetta, Marc è distrutto ma felice. Siamo su una grande piattaforma piatta e ci godiamo il momento magico, da soli. La scelta è stata quella di scendere per completare la discesa alla luce. Con le ultime luci raggiungiamo la nostra alcova per la notte, nonostante il percorso tortuoso riesco ad indovinare una doppi che ci deposita direttamente sul “letto” (Marc dice “che bravo!” Io dico “che culo” :-)).
Non ci resta che riposare, mangiare, bere e goderci la magica stellata che ci accompagnerà fino al mattino. Con calma ci alziamo, ma non vorremmo certo ripartire verso valle. E’stato fantastico, soli soletti abbiamo scoperto un altro angolo di mondo nel cuore del massiccio che preferiamo, il Monte Bianco. Ancor di più in questo momento difficile sento la mancanza di queste meravigliose avventure, dove fondamentalmente la vita è semplice, i ritmi scanditi dalle proprie capacità e da poche regole. Ma sono certo che rivivremo tutti questi momenti molto presto, ognuno nella sua dimensione. Ora l’importante è che non ci facciamo portare via anche i sogni, perché i sogni sono la nostra libertà.